Con la nottata appena passata si è consumato il due giorni di regular season a Londra. Per la prima volta nella storia della NBA, si sono giocate gare di campionato regolare fuori dall’America, un evento voluto da Stern per esportare il marchio NBA sempre più nei corridoi europei.
Il back-to-back ha visto come protagoniste due squadre non al top della lega, ma sicuramente in alto per quanto riguarda l’internazionalità. Non è un segreto che il russo Prokhorov, proprietario della squadra del New Jersey, voglia estendere i suoi Nets oltre i confini della costa ovest dell’Oceano Pacifico, come non è un segreto che i canadesi siano colmi di giocatori di nazionalità diverse. Insomma una scelta oculata e che ha anche qualche risvolto economico indiretto, come il voler riempire un palazzetto con partite come questa, dato che difficilmente un Nets-Raptors avrebbe fatto il tutto esaurito in America.
A Londra invece il pubblico ha risposto come il previsto, a dir la verità più il secondo giorno che il primo, meglio così dato che il vero spettacolo, cestisticamente parlando, c’è stato nel “ritorno” alla O2 Arena.
Infatti nella prima partita, come ha ammesso lo stesso Bargnani, c’era molta emozione nel giocare, consci che in quel momento si stava scrivendo un altro pezzo di storia della lega americana di basket. (questa intervista ad Andrea la potete vedere a questo link: http://video.gazzetta.it/bargnani-nets-raptors/6e8506f0-4705-11e0-9895-55990cab417d). L’hanno vinta i Nets nell’ultimo quarto abbastanza nettamente.
Ben diversa è stata la seconda gara. Una partita sicuramente differente, le squadre finalmente calate nel clima partita e non nell’ambiente che le circondava, hanno dato vita ad uno spettacolo che è stato un biglietto da visita splendido, per un futuro di altre gare in Europa. Un match finito dopo tre overtime, giocato a livelli molto alti, indice si di grandi attacchi ma anche di difese che devono ancora lavorare a lungo.
La gara ha dato modo di evidenziare appieno quelli che sono i limiti evidenti dei due team ed il lavoro che bisogna fare per diventare grandi. Per quanto riguarda il capitolo Nets, a parte la serata al tiro eccellente di Vujacic (6/9 da tre partendo con un 5/5) si è potuto notare che le basi ci sono ma che ora bisogna cominciare a costruirci sopra. L’asse play-pivot è ottimo, Humphries può essere un buon complemento se gioca sempre con quella grinta e Sasha uno specialista magari dalla panchina, ora serve una bella ala piccola che sappia penetrare e parecchia profondità nelle seconde linee e soprattutto difesa.
Parola che sembra un termine da evitare se si parla dei canadesi. A Toronto si segna e si attacca sostanzialmente con pochi giochi (l’unico molto usato sono le varianti del pick, pick n’roll pick n’mid e pick n’ pop) ma con tiri presi dal post o con jumper dalla media, ma finchè si segna con costanza nessun problema in quella parte del campo. Dolori invece arrivano nella propria metà, dove Deron ha fatto quello che voleva con la palla e soprattutto Humphries e Lopez hanno giocato senza particolari patemi sotto le plance. Prima si lavora su quello poi devono arrivare giocatori. In più si è evidenziato che bisogna immediatamente creare giochi per un eventuale buzzer-beater, perché è impensabile dare per ben tre volte (due volte Bargnani ed una DeRozan) il tiro finale ad un giocatore che deve costruirsi il tiro dal palleggio a seguito di un isolamento. Ok che Bargnani nell’ultimo shot sarebbe dovuto penetrare e non tirare, come lo stesso Triano ha dichiarato, ma difficile che si possa fare il voluto, in questi casi, senza nessun supporto come magari un bloccante.
Delle cose da rivedere, da lavorare per le due franchigie, ma almeno l’obiettivo dello spettacolo è stato raggiunto e per la NBA era quello l’importante.
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