Quando nel 2007 fu nominato rookie of the year dinanzi a Bargnani, di Brandon Dawayne Roy già si poteva legittimante pensare che sarebbe divenuto una star, uno di quelli che faresti di tutto per trattenerlo in squadra. E in quel di Portland già si pensava sarebbe stato il baluardo.
Effettivamente negli anni successivi questo fu, fino ai primi veri e pesanti problemi alle ginocchia che alla fine hanno preso il sopravvento costringendolo a chiudere anzitempo la carriera, dopo soli 5 anni di attività (a soli 27 anni) dove si è goduto lo status di stella nella più importante lega professionistica di basket al mondo.
Giocatore elegante nei movimenti, intelligente e maturo sia cestisticamente che fuori dal campo, è sicuramente sempre stato un esempio per i compagni in quanto a professionalità e bravura.
La mancanza di cartilagine in entrambe le ginocchia e il ritmo serratissimo con cui questa stagione doveva essere giocata, sono state un surplus da aggiungere ad una scelta già pensata. I 40 back to back di quest’anno sarebbero pesati troppo sulla sua salute e di sicuro quando raggiungi livelli di eccellenza, ritrovarti ad essere a mezzo servizio è una situazione difficilmente sopportabile, anche se hai 27 anni, un gran bel contratto in essere e l’apprezzamento generale.
Ma anche l’amore per il team che lo accolse nel 2006 quando lo portò in rosa prendendone i diritti dai T-Wolves, avrà influito. Difatti il contratto firmato nel 2009 sarebbe scaduto nel 2015 e l’ingaggio sarebbe andato in crescendo andando a toccare picchi elevati fin poco sotto i $20 milioni annui. Invece scegliendo di ritirarsi peserà contrattualmente solo per quest’anno, in cui percepirà comunque la bella somma di circa $11 milioni (in realtà erano $14 ma circa $3 milioni verranno detratti per lo stop dovuto al lockout).
Un giocatore poliedrico in grado di ricoprire tutti i ruoli di esterno, con la qualità sopraffina che in pochi hanno, di essere sia un costruttore per i compagni, un finalizzatore ed un discreto rimbalzista, e anche di mostrarsi sempre importante nei momenti che contano. Memorabile il finale di gara di una partita contro
Houston del 2009 a cui rimandiamo con questo link:
3 volte All-Star, è riuscito ad emergere anche fuori dal campo vincendo nel 2009 il Magic Johnson Award, quel premio che ti conquisti solo se combini eccellenza in campo e fuori con i media, e venendo nominato anche nel 2007/2008 per il premio assegnato a chi meglio rappresenta la sportività su di un campo da gioco.
Ed anche nel momento del ritiro si è visto come la maturità abbia surclassato la voglia di tornare a far animare gli spalti del Rose Garden. Famiglia e salute prima di tutto e le sue parole vanno in tal senso: “E' un giorno molto difficile e doloroso. Amo il basket, i Portland Trail Blazers e i nostri tifosi, ma dopo essermi consultato con i dottori ho capito di aver subito un infortunio che pone fine alla mia carriera. La mia famiglia e la salute sono le cose più importanti per me e alla fine questa decisione l'ho presa per loro e per la qualità della mia vita. Ringrazio tutti a Portland: è stata una cavalcata fantastica”.
Ma le parole non possono rappresentare al meglio la grandezza di questo giocatore, lasciamo alle immagini raccontare uno scorcio del suo vissuto NBA e delle emozioni che ci ha regalato con indosso quella maglia Rosso-argento-nera:
Magari la sua carriera a Portland non è finita, chissà che non rimanga in città in un’altra veste, quella ancora da definire di membro dello staff dei Trail Blazers.
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