Si dice non c'è due senza tre e questa è la terza finale per LeBron, così come tre è il numero di partite portate a casa dalla formazione degli Heat contro Oklahoma, cosa che vuol dire che ne manca una sola per acciuffare il titolo tanto agognato quanto disperatamente cercato e voluto.
Nell'anno del suo terzo trofeo di MVP, LeBron sta conducendo i suoi, giocando come mai aveva fatto nei momenti che contano, delegando poche responsabilità e giocando (stanotte) anche sopra il dolore, "marchio di fabbrica" di un certo Kobe Bryant.
Forse la chiave è stata designare un primo realizzatore dichiarato, chi fosse il principale go to guy, o forse sta nella difesa rodata e attenta, fatto sta che per gli Heat il progetto sembra stia finalmente per portare in casa il primo frutto dopo un raccolto non magro ma neanche esaustivo, per la vogliosa pancia di chi sa di potersi permettere la miglior portata.
Per Wade-LeBron e Bosh, la possibilità di realizzare ed ottenere l'unica cosa per la quale si sono uniti, andando sfrontatamente contro le simpatie di molti, nella fattispecie James, bersagliato ma incurante quando dinanzi a lui c'era solo la vista di quell'anello mai vinto.
Altra prova di forza, di bravura, di concentrazione nel limitare i rampanti Thunder, che nonostante trovino sempre dal loro duo prestazioni di livello, mancano forse della stessa cattiveria e qualche volta esperienza, che hanno i rivali.
Di mezzo però la reazione di quelli di Scott Brooks che possono estrarre ancora il coniglio dal cilindro soprattutto se arrivasse ancora più contributo dal supporting cast e più di tutto ancora se l'incerto infortunio di King James (che per stanotte ha supplito rimanendo in campo e spingendo i compagni) risulti più amaro del pronosticato. Forse solo semplicissimi crampi, forse qualcosa più, non è ancora certo.
James comunque intanto ha sottolineato come la sconfitta dello scorso anno è impressa bene nella mente del gruppo anche perché ha insegnato molto a tutti e non solo a lui, ma di sicuro la sua fame è anche dettata dal fatto che non c'è nessuna migliore occasione per smentire i detrattori convincendoli che lui è il migliore.
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