Con un cambiamento radicale rispetto a gara 1 sono riusciti a vincere le quattro partite successive laureandosi campioni con un sonoro 4-1, impensabile alla vigilia.
Già perchè Oklahoma aveva tutte le carte in possesso per vincere ed ancora una volta ha pagato l'inesperienza di un roster incapace di capitalizzare con costanza il proprio talento nelle situazioni in cui conta di più, Westbrook su tutti (capace di farne 43 due sere prima e sfornare un 4/20 stanotte). Inoltre la serie sottotono del "barba" James Harden, è solo un altro fattore a quello citato poc'anzi che ha contribuito al risultato finale, fattori però oscurati da meriti degli Heat evidentissimi. Il loro gioco è radicalmente cambiato in mentalità difensiva e soprattutto in mentalità generale. Con l'esperienza passata dei Mavericks ancora sullo stomaco si sono ben ricordati di non abbassare la guardia neanche una volta seppur la serie fosse sul 3-1, e la storia NBA racconta che partendo da tale risultato non è mai finita 4-3 per chi era in svantaggio.
Ma più di tutti è stata la serie di LeBron, l'unico possibile candidato agli onori dell'MVP delle Finals e giustamente insignito di tali onorificenze a fine gara, grazie ad una serie fantastica dove si è scrollato l'appellativo di "incapace di reggere la pressione nelle gare in cui la palla scotta ad ogni possesso." Ed anche stanotte ha voluto fare qualcosa di straordinario per chiudere le pratiche e vincere finalmente quel tanto agognato titolo che per lui era diventato più di un'ossessione. Ci riferiamo alla tripla doppia da 26 punti 13 assist e 11 rimbalzi, rifilata ai Thunder, non proprio gli ultimi arrivati, anzi i secondi. Prestazione che oscura un Mike Miller da 7/8 da tre ed una Miami in generale che 6 uomini in doppia cifra non li vedrà quasi mai più con questo roster e con questi "schemi".
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