Al di là della felicità generale di tifare per il titolo conquistato, c'è di più nella celebrazione finale che lo ha incoronato re delle Finals, non solo nel soprannome.
I salti di gioia, l'euforia dell'attimo, l'esaltazione di un momento mai raggiunto ma tanto agognato, non sono neanche possibilmente accompagnati dai se e dai ma dei suoi detrattori.
L'abbandono alla rabbia, l'abbandono alla frustrazione, l'allontanamento dei fantasmi del passato e delle paure incamerate dopo gara 1. La reazione, l'agonismo, la voglia di innalzare sempre di più il suo gioco, di incidere in quell'attacco comunque sempre concentrato sui singoli piuttosto che sul gioco di squadra. Ergersi innanzi agli altri in un contesto vincente, sobbarcarsi le responsabilità che gli competevano senza perdere l'appiglio di essere anche un passatore sublime e possibilmente uno che la squadra la fa giocare.
Tutto questo ora può essere James. Lo è sempre stato, ma solo stringendo nella mano l'anello potrà presentarsi senza macchia nel curriculum.
La consapevolezza di essere loro questa volta "gli esperti" che dovevano impartire la lezione, come lo è stata Dallas l'anno passato, sarà stata puro incitamento per chi capisce che il momento è vicino e non può perderlo per l'ennesima volta.
Ora The Chosen One è libero. Non deve più portare il fardello sulle spalle, creatogli da chi gli rinfacciava di essere approdato agli Heat solo per vincere facile, visto che alla fine così non è stato e visto che lo ha fatto da protagonista, da primo attore indiscusso. I detrattori non li perderà mai, a cominciare probabilmente da Dan Gilbert che ha visto spegnersi le sue illusorie ed impossibili speranze di vincere con Cleveland prima che lo facesse James.
Ma ora detrattori o meno, amato o no, potrà bearsi di aver provato la gioia della vetta e per quello fatto vedere in campo non può non avere stima, ammirazione ed apprezzamento da parte di tutti.
Nella tripla doppia messa a segno, negli abbracci di fine gara, nell'incontenibile beatitudine della consapevolezza di esserci riuscito, traspare tutta sua voglia di vincere e soprattutto quello che in un anno ha covato: la trasformazione a vero leader che accompagna la squadra. La guida, non il dittatore e neanche in compartecipazione egalitaria in stile potere oligarchico con Wade e Bosh, ma semplicemente condottiero che non vince mai da solo perché tantissimo fanno i compagni ed in particolar modo i fedeli scudieri, ma ne esce sempre come fondamentale risolutore.
Ad oggi la scritta "Dream come True", che alcuni camion portano con se in stile cartellone pubblicitario mobile, sarà valida anche per lui e leggendola potrà sorridere.
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