La rabbia di Gasol sfogata sul tavolo a bordo campo, la
reazione stizzita di Bayless verso Hollins e verso la partita, i tagli
incontrastati a centro area di Parker e compagnia, il rifiuto del ferro (e
della difesa Spurs) di far timbrare con regolarità il cartellino al buon Zach
Randolph, sono alcuni piccoli spezzoni di partita che simbolicamente
rappresentano quella gara 4, quella che ha sancito lo sweep di San Antonio ai
danni di Memphis.
La serie non è stata di certo una passeggiata salutare per
gli Spurs che comunque nel corso delle Finali di Conference hanno affrontato i
supplementari, hanno resistito a degli allunghi recuperando e sorpassando, sono
stati in grado di chiudere e stoppare azioni avversarie e soprattutto scardinare
quella muraglia difensiva che i Grizzlies hanno innalzato con tenacia e
sacrificio da un bel po’ di tempo a questa parte. Avrà inciso il fattore
mentale di stare sotto 3 a 0 nella serie, avrà inciso il tatticismo di Popovich
e quant’altro, ma troppe volte si sono visti back-door e tiri da sotto più o
meno semplici.
Di sicuro Memphis è stata un’avversaria di alto livello ma
gli Spurs hanno letteralmente bloccato i due lunghi dei Grizzlies, che sono poi
la spinta della squadra, le ruote motrici che sostengono il modo di
interpretare il basket di quelli del Tennessee griffati Hollins. Con il gioco
interno degli avversari abbastanza bloccato, San Antonio è riuscita a
prevalere, questa è stata la chiave tattica più importante. Gli “Speroni” hanno
dimostrato come soffrono più le squadre con una forte perimetralità rispetto a
quelle che invece hanno la trazione del gioco affidata agli interni. Golden
State difatti è stata quella più vicina ad eliminarli proprio per la struttura
di una squadra guidata dalle guardie.
Nella potenziale finale con gli Heat, dovrebbero
fronteggiare due grandi perimetrali come James e Wade, con l’ottimo Leonard ed
il buon Green, ma sarà proprio da vedere e sperimentare quanto riusciranno a
fermarli, soprattutto se James giocherà largamente da quattro con Bosh 5 che
apre spazi con il tiretto dalla media… Ma questa è un’altra storia che forse,
probabilmente, vedremo nel prossimo futuro anche se c’è sempre la possibilità
del colpo gobbo di Indiana…
Comunque gli Spurs tornano in Finale, a quelle Finals che
non giocavano dal 2007 (quella cavalcata che li portò al loro quarto titolo) e
ci tornano accompagnati da due certezze, una oggettiva, l’altra scaramantica:
ci arrivano con gli stessi Big Three, certo con più anni di esperienza alle
spalle e rivestiti di diversa importanza nelle alchimie del gioco (soprattutto
il calo del buon Ginobili e le chiavi dell’attacco nelle mani di Parker), ci
arrivano con un supporting cast degno, che si sta dimostrando all’altezza di
eseguire i compiti e gli schemi designati e disegnati da Popovich; l’altra
certezza è che arrivano in Finale in un anno dispari, dato si irrilevante, ma
per chi volesse aggrapparsi anche al cavillo, gli Spurs hanno vinto tutti e
quattro i titoli della loro storia in anni dispari…
A parte le scaramanzie e tornando ai dati oggettivi e
“controllabili”, Miami sulla carta, praticamente qualsivoglia quintetto
schieri, li metterà in difficoltà e parte comunque favorita. Indiana invece,
dovesse essere lei la finalista, potrebbe provare a “studiare” il modus operandi
di Pop contro Gasol e Z-Bo e cercare da subito contromisure degne per lasciare
Hibbert e West in grado di esprimersi e non di essere annullati, senza
dimenticare che c’è un certo George che ci regalerebbe un gran duello con
Leonard. Ma in questo caso comunque i favoriti in partenza sarebbero i texani.
Come andrà andrà dall’altra parte, si preannuncia una gran
finale con tanti spunti tattici e di spettacolarità. Intanto grande
riconoscimento alla stagione stellare di Memphis che seppur fronteggia la delusione
dell’essere uscita, con uno sweep tra l’altro, deve pur sempre ricordarsi di
aver appena vissuto la stagione più vincente nella storia del team e deve
cominciare a guardare al futuro. Un futuro legato all’incognita mercato attorno
a Zach Randolph, alla voglia di ringiovanirsi completamente e soprattutto
legato al contratto in scadenza di coach Hollins, che alcuni criticano per non
aver saputo osare nel cambiare dopo aver visto l’ingabbiamento del suo gioco e
per l’essersi affidato a giocate del singolo, ma rimane essenzialmente uno dei
coach che ha fatto la differenza quest’anno…
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