Pochi giorni all'inizio della nuova stagione NBA

lunedì 20 maggio 2013

Il miglior attacco... la difesa


L’NBA per antonomasia è la Lega che raccoglie il maggior talento in circolazione, riconoscibilissima poi da una caratterizzazione di fisicità e atletismo che trascendono qualsivoglia campionato messo a confronto. Una combinazione che rende sicuramente il gioco più spettacolare se non altro unito a capacità tecniche che chi ce l’ha sa ricamarci sopra per dominare.

Ma in questa descrizione c’è da citare che nell’immaginario comune, spesso e volentieri una corrispondenza biunivoca con la realtà, la NBA è l’habitat naturale di un attaccante dove in primis c’è l’abilità del singolo anteposto per la maggiore a quello che può dare alla squadra in termini di equilibrio. Ovviamente non per tutti è così ma spesso e volentieri ad identificare il campionato statunitense di basket è la giocata offensiva, che possa o meno tramutarsi in schiacciata perentoria.

Ad oggi però non c’è da farsi sfuggire un particolare rilevante che adombra un bel po’ i pregiudizi che nascono, giustamente, guardando la Regular Season in generale piuttosto che anche gli interi turni di playoff. Questo perché quest’anno a far da padrona è la difesa prima dell’attacco con tutte e quattro le squadre che sono arrivate in fondo, che possono vantare ed essere elogiate per saper mettere in mostra una difesa eccellente, costruita sia sui movimenti che sulle capacità del singolo. Memphis ed Indiana devono al loro modo di concentrarsi nella fase passiva di gioco, il cammino fatto sin qui, grazie agli scivolamenti, ai rimbalzi (anche offensivi c’è da sottolinearlo) e all’attenzione del singolo di non far vacillare i movimenti di tutti.

Con San Antonio non serve nemmeno parlarne della difesa, forgiata da un coach leggenda-vivente come Popovich ed un capitano come Duncan che è come un albero secolare sempreverde. A Miami oltre i complimenti sparsi di giornalisti e commentatori, al loro lavoro difensivo che li porta poi a ripartenze pazzesche, ci sono anche i riconoscimenti “personali” con LeBron e Wade che nel corso della stagione non hanno mancato di sottolineare come il lavoro difensivo pagasse e aiutasse anche il compito in attacco (che peraltro non ne ha bisogno ma sicuramente ne beneficia).

Questi playoff sono la rivincita della difesa, sono l’emblema di come stoppare gli altri sia importante allo stesso modo di saper segnare a propria volta. Non ci si ergerà mai a dire che la NBA sia la casa della difesa, ben lungi da ciò, ma di sicuro la dimostrazione che si sappia vincere anche dall’altra parte dell’oceano dimostrandosi più attenti alla fase difensiva, ha trovato risposta tra aprile e maggio di quest’anno. Quattro squadre che sanno attaccare, anche coi singoli (soprattutto quelli della Florida) e quattro squadre che però sanno di non andare da nessuna parte senza saper difendere come si deve.

E non a caso seduti su quelle panchine da finali di Conference, ci sono alcuni dei coach oggettivamente ritenuti più validi…


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