Dietro quel drappo c'era la sua maglia, la 34 giallo-viola, appessa su al soffitto dell'Arena affianco a quella del miglior play della storia del gioco: Magic Johnson. Attorno alla sua canotta solo altre nove: Chamberlain, Baylor, West, Goodrich, Abdul-Jabbar, Worthy, Wilkes, il telecronista Hearn ed appunto Johnson.
Finita la musica, Shaq ha ripreso in mano l'amico microfono ed ha immediatamente ricordato Jerry Buss. Prima di tutto Buss, per poi passare a parlare di un altro Jerry, Jerry West, lì presente a festeggiare con lui, ricordando le parole che Mr Logo gli disse agli albori della sua carriera losangelina, cioè che se avesse fatto le cose fatte bene, un giorno ci sarebbe stato anche lui nella storia del club. Così è stato. Il "profetico" West non è stato l'unica parte saliente del discorso di The Diesel.
L'Arena è venuta giù non appena il centro più dominante degli ultimi vent'anni ha nominato Phil Jackson.Neanche il tempo di mettere insieme un'altra parola che sono arrivati i cori dei tifosi losangelini che urlavano il loro desiderio di riavere alla guida della loro franchigia il coach più vincente di tutti i tempi. L'emozione ha travolto anche Phil, mentre Shaq si univa al coro dei fan.
Troppa serietà, tanto pathos non può associarsi ad un intero discorso del personaggio scherzoso che è Shaquille, che dunque non poteva farsi mancare anche qualche battuta. "Sai coach devo confessare che mi sono fatto dare una mano per leggere tutti i libri che mi hai dato" per poi passare a ringraziare e scherzare su altri personaggi, su tutti il tifoso per eccellenza dei Lakers: Jack Nicholson.
Due parole anche sul futuro del team. E quando leggi che Shaq parla del futuro non possono che cadere due paroline su colui che da tutti è dato come il suo erede naturale: Dwight Howard, che guarda caso oggi è anche lui un losangelino dopo aver calcato il parquet dei Magic, proprio come fece Shaq. Parole di critica per Dwight, che in realtà hanno decisamente più il sapore dello sprono "Voglio lanciargli una sfida... Per vincere il titolo deve viaggiare a 28 punti e 10 rimbalzi di media. E’ un ragazzo di talento, ma forse non ha voglia di esserlo" . Parole forti proprio come fece Jabbar con lui, racconta O'Neal, "è un giocatore nella media" gli disse.
Dieci minuti in cui Shaq non si fa mancare nulla, ma prima di abbassare, questa volta, il drappo e tornare alla gara, manca ancora qualcosa. Qualcun altro. Il suo amico/nemico, il suo compagno ma anche il suo primo concorrente. Uno che ben presto avrà anche lui la maglia appesa al soffitto dello Staples. Dr Kobe Mr O'Neal, Mr O'Neal e Dr Kobe, un dualismo che non può avere termine nemmeno ora che Shaq si è ritirato dal basket giocato, nemmeno ora che è entrato ufficialmente nella gloriosa storia dei Lakers, nemmeno ora che non ha più niente da chiedere alla franchigia visto che è stato confermato come uno dei più grandi di sempre. Bryant "ha provato a rubargli" la sua serata, si perchè tra un discorso ed una cerimonia, c'era anche una "sfida-playoff" da giocare, perchè Mavs e Lakers si stanno ancora giocando il posto per la post season insieme ai Jazz. Kobe in questa serata ha portato a casa una tripla doppia da 23 punti 11 assist e 11 rimbalzi, trascinando i suoi ad una fondamentale W. "In campo non ci siamo mai piaciuti, ma fuori è un’altra cosa" dice O'Neal di lui. Ancora una volta tutti e due protagonisti, ancora una volta l'uno oscura le scene all'altro, ma la verità è che un "dualismo" così lo vorrebbero tutte le franchigie del mondo.
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