1 la partita che manca sia ai Lakers che ai Jazz per
concludere la loro Regular Season. Una partita sola ma che vale una stagione
intera. Infatti da come si evolveranno le loro gare si potrà capire chi potrà
andare a giocarsi o meno i playoff. Una notte quattro scenari. Se vincono i Lakers
e i Jazz perdono, ovviamente passa il team di D’Antoni, se vincono sia Lakers
che Jazz, passano i californiani in virtù di una gara in più vinta. Se perdono
entrambe passano ancora quelli di L.A., se Los Angeles perdesse ed i Jazz
vincessero allora i due team pareggeranno e passerebbe Utah in virtù dei
migliori risultati negli scontri diretti.
Due le volte in cui New York è riuscita a superare quota 50
W in Regular Season negli anni 2000. L’ultima volta che successe era la stagione
1999-2000. I Knicks quest’anno hanno macinato gioco, spinti dalla vena
realizzativa di Anthony e JR Smith su tutti e da un difesa migliorata grazie
alla “guida” di Chandler in campo e a semplici ma efficaci dettami di Woodson.
Lungi dalla perfezione, prima della sconfitta contro i spacca serie Bulls,
vantavano anche tredici W consecutive. Ora è il momento di guardare la post
season dopo essersi ripresi il comando dell’Atlantic Division dopo 19 anni.
Tre i big degli Heat fuori dalla gara contro i Cavs. Oltre
ai tre hanno riposato anche Battier, Haslem e Chalmers. Seppur questo
snellimento nella formazione, Miami ha battuto lo stesso Cleveland. Dalle parti
dell’Ohio è da un pezzo che il sogno è solo il draft. Di nuovo a letto a
sognare allora, che fino a giugno manca ancora un pò. Aprile dolce dormire.
Quattro salti nella padella W. Prendi i Jazz, i Warriors, i
Trail Blazers e i Kings, ora mischiali tutti e fanne una poltiglia. Otterrai il
primo posto nel ranking della Western Conference. Parola di Ibaka-Westbrook e
Durant.
Cinque giorni. Si contano sulle dita di una mano le giornate
che ci separano dall’inizio della post season. Il countdown sta finendo.
Sei i premi più importanti che è il momento di assegnare,
visto che la RS è oramai terminata: MVP, MIP, Defensive player of the year,
coach of the year, Sixth Man ed il Rookie of the Year. Aria Di NBA nei prossimi
giorni esprimerà le sue opinioni. Stay Tuned.
Sette punti soli i Trail Blazers sono riusciti a mettere a
referto nel terzo quarto contro OKC. La squadra stava reggendo bene il
confronto contro i forti Thunder ma nel terzo periodo si è spenta (merito anche
di quelli dell’Oklahoma) lasciando agli avversari campo libero per una vittoria
più facile del previsto. Non una grande stagione quella di Portland, anzi, e
per la serie “chiudere in bruttezza”, in questo finale di stagione si sta
vivendo anche il periodo peggiore dell’anno con 11 sconfitte consecutive,
maturate più che altro da una difesa che non riesce a limitare le alte
percentuali di realizzazione degli avversari, basti considerare che negli
ultimi 9 incontri 8 volte la squadra opponente ai Blazers ha realizzato sopra
il 50% dei propri tiri…
Otto le stagioni in cui LeBron James ha segnato almeno 2000
punti, sulle 9 passate in NBA (l’unica in cui non ci è riuscito è la stagione
“menomata” vittima del lockout). A fronte di questa statistica LeBron infrange
l’ennesimo record, ovvero essere il più giovane di sempre a segnare per 8
Regular Season almeno 2000 punti. Lo ha fatto entro i 30 anni, età a cui aveva settato
l’asticella uno a caso, Michael Jordan. E’ giusto ricordare che Jordan è
entrato nella NBA dopo aver frequentato il college quindi il record in
relazione all’età perde un po’ di significato, ma non sminuisce di certo lo
straordinario talento di James che comunque fin dal suo arrivo in NBA ha
trovato la “maturità” per segnare tanto, non una cosa proprio da tutti.
Nove le triple che mancavano a Stephen Curry prima della partita contro gli Spurs per entrare nei
record come il giocatore ad aver infilato più tiri da tre punti in una singola
stagione nella storia della NBA. Ora gliene mancano due visto che ne ha infilate sette (!) nella sfida con i texani. Il record per ora appartiene a Ray Allen che
ha segnato 269 conclusioni da oltre l’arco nella stagione 2005/2006 e quindi
Curry con 8 bombe eguaglierebbe suddetto primato, ma con 9 diverrebbe primo in
solitaria (difatti Curry è a quota 261). Manca una gara, quella con i Trail Blazers, con la quale provare a scalzare il micidiale
tiratore ad oggi in forza agli Heat o almeno per spodestare il secondo
classificato Dennis Scott a quota 267 (stagione ’95-’96).
Dieci alla scelta della NBA di non far giocare
Indiana-Boston e nel decidere che per una volta le due formazioni si fermeranno
a 81 gare e non a 82, per via della scelta di non farla neanche recuperare
quella partita, visto che alla fine non cambierebbe praticamente niente negli scenari per i
playoff. Ovviamente il motivo è per i gravi e bruttissimi fatti accaduti a Boston.
Numero jolly: 20 vittorie e 61 sconfitte, questo il bottino
del duo Charlotte-Orlando che di partita forse ne stanno giocando un’altra,
quella di non essere la squadra peggiore di quest’anno... O forse no? O forse
in realtà entrambe vogliono arrivare ultime per quel geniale meccanismo del draft.
D’altronde al sorteggio della scelta, chi peggio arriva meglio alloggia…
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