I fatti, i momenti, gli eventi, gli aneddoti che si verificano in una settimana di NBA sono tantissimi ma alcuni di loro sono più significativi o più singolari di altri, quelli che possono da soli rappresentare in sintesi quanto è accaduto in quei giorni. Terminata anche l'ottava settimana di regular season, visto l'arrivo della Domenica, si torna con la settimana NBA da 1 a 10, più una variabile jolly a seconda di quello che succederà nei 7 giorni.
Uno, unico, inimitabile, Shaquille O’Neal. Seppur almeno
centomila avranno il suo cognome o quella simpatia, difficile, molto difficile,
che qualcuno riuscirà ad imitare quello che è stato e che è ancora Shaq. Non
solo uno dei centri più dominanti della storia del gioco, ma anche uno showman
capace di ballare hip hop durante l’All Star Game e video, di sfidare campioni
di varie discipline nei propri sport, diventare sceriffo, di fare il
commentatore, di sfornare battute a go-go durante le interviste e capace di
accaparrarsi una miriade di soprannomi dovunque andasse a giocare. Ovviamente
non è nel suo stile fermarsi ed in questi giorni ha anche lanciato sul mercato
la sua marca di Vodka. Ovviamente per atleti e quindi rigorosamente senza
zucchero e glutine. Il simbolo è l’immagine di O’Neal e si chiamerà LUV-SHAQ.
Nessuno come lui. Uno, nessuno, centomila.
Due gli errori che neanche al campetto della chiesa sono
facili da vedere. Tra l’altro sono valsi la partita per entrambe le formazioni
che ne sono state vittime. Ci riferiamo al semplice appoggio alla tabella,
praticamente da solo, di Reggie Evans che è costato il poter arrivare ai
supplementari per i Nets contro Utah e all’ancor più clamoroso errore di
Henderson nella sconfitta dei Bobcats contro i Lakers. Infatti l’ala di
Charlotte non solo ha sbagliato un lay-up, ma quel suo errore poteva essere un
clutch shoot che avrebbe portato i Bobcats sopra di uno ai danni dei
losangelini, un tiro che si è spento sul ferro, amen.
3° giocatore più giovane nella storia a raggiungere i 5000
assist, dopo Magic Johnson e Isiah Thomas. Stiamo parlando di Chris Paul, quello
che ad oggi è il miglior play della NBA assieme a Derrick Rose. Tra l’altro non
sta solo accumulando cifre senza portare nulla in termini di W, tutt’altro, ma
questa è un’altra storia che ritroveremo più avanti. To be continued…
Tre bis. Tre in pochi minuti, le volte che il cameraman di
bordo campo dei Knicks si è visto arrivare un giocatore di gran carriera
addosso a lui. Due volte il Beli, una Noah. E’ vero che quella zona è la
migliore per riprese vicino al parquet, ma è anche vero che stare sulla linea
di scrimmage rende quella zona ad alto rischio. Per citare il commento di
Pessina “bisogna fare qualcosa per questi cameraman, quel posto è pericoloso,
secondo solo a Baghdad”…
Quattro gli anni di basket professionistico di Alonzo Gee.
Di per sé la notizia non assume alcun effetto particolare, ma che diventa
rilevante se si pensa che nella gara contro i Pacers era il giocatore più
vecchio del quintetto base dei Cavs (ed è un classe ‘87). Il resto degli
starter era formato da due rookie e da due al secondo anno nella lega.
Cinque le W consecutive dei Raptors. Oramai volente o
nolente, ci sono praticamente sempre loro alla cinque. Rilevante il fatto che
questa striscia supera di una cifra tutte le altre vittorie ottenute
dall’inizio dell’anno, visto che prima di questo filone avevano 4 W. Ancor più
particolare è il fatto che siano arrivate in concomitanza con l’infortunio di
Andrea Bargnani. Per il bene di entrambi bisogna pensare seriamente di
intavolare una trade con qualcuno, se è vero che tre indizi fanno una prova,
qui ne abbiamo anche cinque.
Sei di media al tiro di Luke Babbit, visto nello specifico
contro i Nuggets. La meccanica è quella giusta, ma non salta neanche il famoso
foglio di giornale tanto caro a Larry Bird. Piedi a terra e tiro. In questa
settimana il suo minutaggio sta lievitando e le sue cifre si stanno assestando
oltre la doppia cifra, considerando lo stile, Babbitt lavorerà per migliorare
ancora, più che montarsi, visto che sembra uno con i piedi per terra.
Sette le lettere che formano il nome Timothy, il vero nome
di Duncan (in realtà avrebbe anche un secondo nome, Theodore). Il lungo degli
Spurs continua a far parlare di sé. Con due tiri liberi contro Denver, il 21 di
San Antonio ha raggiunto quota 23000 punti in carriera, divenendo il secondo
giocatore proveniente dall’ACC a riuscirci, dopo tale Michael Jordan. A
suggellare il sorpasso di tale traguardo, una schiacciata, non proprio il gesto
più usuale di Duncan, che preferisce l’utile alla presenza scenica. Per una
volta, Slam Duncan.
Otto e mezzo, almeno, i metri da cui Nate Robinson ha provato
un tiro, tra l’altro da marcato, mettendolo a segno, nella gara contro i
Celtics. Robinson sta giocando obiettivamente molto bene come seconda linea che
mantiene alta la pericolosità del frontcourt in fase offensiva, anche se ci
sarebbe da limare l’eccessivo abuso di conclusioni isolate. Seppur questo buon
avvio, la storia di questo anno è stranamente strana per lui, con un contratto
non del tutto garantito che lo vedrebbe nel mese di Gennaio dover fare le
valigie se Chicago decidesse di tagliarlo entro il 10 del mese stesso. Contratto
che non arriva per problemi di salary ovviamente.
Nove alla difesa di Ibaka in generale, ma vista più nello
specifico contro Josh Smith. Il lungo di OKC ha bloccato tre tiri consecutivi di
Smith nella stessa azione. L’ala degli Hawks si alza per un tiro nel pitturato,
Ibaka gli tocca la palla e questa ritorna tra le mani dell’attaccante. Smith si
rialza nuovamente e si prende una stoppata di Ibaka. La palla finisce ancora
nelle mani di Josh che all’ennesimo tiro tentato, rivede ancora una volta la
palla tornare indietro e porre così fine all’azione. “Tréjà vu”.
Dieci ai Los Angeles Clippers. Al momento sono a 12 W
consecutive, migliore striscia di vittorie di fila al momento nella NBA, visto il
recente inciampo dei Thunder. Parlavamo sopra di un grande Paul, ma è proprio
la squadra a girare bene e ad essere ben amalgamata. Per ora sono la prima
squadra di L.A. .
Numero jolly: 40 i punti del capitano dei Celtics, Paul
Pierce, contro i Cavs. Già un quarantello fa di per sé notizia, ma diventa
ancora più rilevante se si pensa che Pierce è ora il giocatore più vecchio
nella lunga e gloriosa storia dei Boston Celtics, a realizzare così tanti punti
(35 anni).
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