Giunti ormai a meno di una ventina di gare dal termine della stagione regolare, è il momento di dare un'occhiata alle prestazioni dei migliori "volti nuovi" di questa stagione ed analizzare chi di loro ha "sbattuto" contro il temutissimo muro del dopo All Star Game e chi invece non ne sa proprio di mollare sul più bello. Come intuibile, stiliamo una classifica per il Rookie of the year di fine anno.
Di poco fuori dalla top five, ma che meritano citazioni, abbiamo: Taj Gibson, Ty Lawson, Omri Casspi, Jonas Jerebko, Jonny Flynn e Marcus Thornton (quest'ultimo non è in alto più perchè non è stato costante per tutto l'arco della stagione piuttosto che per le prestazioni che ultimamente sta sfoderando).
5. DeJuan Blair
Per quello che mette in campo in rapporto all'esiguo minutaggio concessogli, 7.9 punti e 6.2 rimbalzi in poco più di 18 minuti di impiego, sarebbe già di per sè materiale per considerarlo un ottimo giocatore, inoltre la sua capacità di portarsi a spasso quel corpo (sono 120 kg) e la sua innata capacità di intuire la traiettoria del pallone a rimbalzo, fanno salire maggiormente le quotazioni di questo giovane centro. La determinazione e la grinta che mette sotto le plance ovviando alla sua statura, sottodimensionato per il ruolo che occupa (2 metri appena), sono cose che chi sta in campo con lui nota molto e non può non apprezzare, non a caso Evans per averci giocato assieme anche solo una volta (Rookie Challenge) ha voluto dividere il premio di MVP di quella gara con lui. Se giocasse 40 minuti a gara produrebbe 17.6 punti di media e 13.6 rimbalzi e forse si poteva tranquillamente parlare di Rookie dell'anno (giocatore in posizione numero 1 permettendo).
4. Brandon Jennings
Fino a pochi mesi fa l'ex Roma era dato in cima ad ogni lista che trattava di questo argomento. Come direbbero i matematici, Jennings = Rookie of the year era un'identità, ma è stato probabilmente la vittima più illustre di quel "sistema" che se si abitua a vederti fare grandi cose poi ti snobba se non riesci a mantenere quella scia. Più o meno è successo questo a Brandon che dopo partite da go-to-guy, da stella, è calato come succede molto spesso in questi mesi ed ha cominciato a giocare a livelli più normali. Le sue cifre ed il suo apporto alla squadra sono sempre ragguardevoli, ma sta soffrendo l'accoppiata con Salmons (forse deve solo trovare alchimia) e la scarsa percentuale al tiro che da un pò di gare lo sta accompagnando.
3. Darren Collison
E' vero ha cominciato a fare exploit solo da poco tempo e come il suo compagno di squadra, Thornton, ha sfruttato ottimamente l'assenza di Chris Paul, ma a differenza dell'altro rookie, Darren ha avuto meno occasioni di mettersi in luce quando c'era in campo la stella degli Hornets, però ogni qual volta che il funambolico play mancava all'appello, Collison ha sempre risposto presente e lo ha (e lo fa ancora adesso) rimpiazzato eccellentemente. Non solo non lo sta facendo rimpiangere nello smistamento dei palloni e nella gestione dei giochi, ma sta dimostrando anche una capacità realizzativa discreta e di saper tenere il campo anche per molti minuti (45 e spiccioli nelle ultime gare dove viaggia a 10,6 assist di media e 20.6 punti !). A questo punto l'unica motivazione che non potrebbe far trionfare l'ex UCLA è il breve periodo in cui sta sfoderando tutto ciò in confronto a chi invece gioca così dall'inizio dell'anno, ma come faceva ad essere altrimenti con davanti Paul?
2. Stephen Curry
Partenza in sordina per Stephen che ha faticato un pò all'inizio a trovare la dimensione giusta anche perchè la gestione Don Nelson non risalta molto i giovani, soprattutto i rookie (vedi Belinelli), ma poi Curry ha cominciato a macinare il suo gioco fatto di penetrazioni, assist ma soprattutto conclusioni dalla media-lunga distanza col vizietto, sovente, di entrare. La consacrazione, il salto di qualità definitivo che lo ha portato a questa seconda piazza, è stata l'assenza forzata del leader dei Warriors (molto simile per gioco e corpo a Curry), Monta Ellis. Ha imparato a portarsi sulle spalle la squadra ed ora viaggia a 15.6 punti 4.2 rimbalzi e 5.3 assist, è vero che nel sistema run & gun le statistiche sono gonfiate ma comunque il talento è innegabile e quelle cifre non le fai se non hai abilità elevate.
1. Tyreke Evans
Non poteva non essere lui il più probabile vincitore della matricola dell'anno. Il mini LeBron James, così lo si sta considerando nell'ambiente, per via di quel corpo da ala piccola di quasi 2 metri (è solo 3 cm dall'altezza di Blair) capace però di portare palla e trattarla come i grandi play sanno fare. Le tre palle perse a gara possono si essere molte, ma fatte da un rookie che gestisce praticamente tutti i possessi sono decisamente accettabili. Per arrivare a The King ha ancora molta strada da fare e deve ancora lavorare in palestra ma intanto ha già convinto la dirigenza ad eleggerlo leader di adesso e del futuro dei Kings, scalzando anche Kevin Martin per farlo crescere appieno e dargli tutto lo spazio di cui ha bisogno. Viaggia a 20.3 punti, 5.4 assist e 4.9 rimbalzi, il tutto senza eccessivi cali e soprattutto è così dall'inizio e non sembra fermarsi neanche davanti al Rookie Wall.
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