Concludiamo la nostra rubrica sulle deluse della free agency, analizzando presente e futuro di quella che è forse la franchigia che è rimasta più sconcertata dall'esito del mercato degli agenti liberi: i Cleveland Cavaliers.
Non ci volevano credere in quel di Cleveland, non si sono rassegnati fino a quando "The decision" non ha sentenziato la paura che era nel cuore dei tifosi. La speranza che LeBron rimanesse nell'Ohio era più che una mera possibilità, si credeva che l'annuncio ufficiale fosse per stabilire la nascita di una vera e propria bandiera, la nascita di un simbolo che sarebbe rimasto marchiato a fuoco per sempre nella storia dei Cavaliers.
Invece no, la scelta di andare via, con tutte le conseguenze mass mediatiche derivate e il dubbio se la maglia numero 23 debba essere ritirata ed appesa al soffitto della Quicken Loans Arena oppure essere archiviata sotto il semplice nome di ricordo.
Ma in qualche modo bisogna ricominciare a comporre il mosaico, bisogna provare a rimettere in piedi una squadra che si è sempre dimostrata LeBron dipendente e che ora deve "disintossicarsi".
E' strano ma la verità è che anche se è partito un singolo giocatore, Cleveland deve ricostruire, e da squadra che poteva puntare al massimo raggiungibile, si ritrova ad essere squadra da media classifica, da un secondo all'altro. I tifosi arrabiati e delusi, si aggrappano alle parole di Dan Gilbert di riuscire a vincere prima che lo faccia il vecchio "Re", e sono tutti smaniosi di trovare il successore che scalzi il precedente sovrano dalle loro menti, magari più di un solo giocatore per riportare Cleveland sulla strada per la Terra Promessa.
In quest'ottica lo staff ha cominciato a muoversi, scegliendo piccole mosse mirate ad eliminare i problemi interni e volte ad acquisire qualche buon giovane talento che potrebbe esplodere da un momento all'altro. Quindi via il problematico Delonte West e dentro Ramon Sessions, uno di quelli che il potenziale lo ha, ma che non è mai riuscito a farlo scatenare completamente.
Ma la vera speranza sta oltre che al mercato non ancora chiuso, nel settore lunghi, dove la franchigia possiede tre uomini d'area che possono essere la chiave per ripartire (oltre al play Mo Williams che sicuramente sarà uno di quelli su cui si deve puntare). Jamison deve tornare ad essere quell'ottima ala che è stata a Washington, ergendosi magari a primo punto di riferimento, Varejao deve continuare a dare il suo, con aggressività e costanza giustificando l'oneroso contratto percepito ed infine il vero bandolo della matassa, la definitiva consacrazione di JJ Hickson come uno dei perni del team.
Il lungo ex North Carolina State, nella seconda metà di stagione, (coincisa con gli infortuni costanti di Shaquille O'Neal), ha dato prova di essere un giocatore che sa stare su un parquet e con una certa disinvoltura. Se seguirà bene il programma di allenamento creatogli per questa estate e se veramente deciderà di impeganrsi a fondo, potrebbe essere la vera rivelazione della squadra perchè il potenziale ed i mezzi fisici ci sono tutti così come la sua voglia di dimostrare.
Certo per riuscire nel "piano Gilbert", ci vorrebbe qualcos'altro, magari intavolare una buona trade, o pescare un free agent molto sottovalutato, che tra gli esterni sappia fin da subito divenire un titolare inamovibile. Magari servirebbe qualcuno che completi il trio di speranze futuristiche (le altre due sono Sessions ed Hickson) quel qualcuno che si ponga al centro tra il l'estro di Ramon Sessions e la potenza di Hickson, quell'ala piccola che faccia tornare Jamario Moon a sedersi in panchina per apettare il suo turno.
Il vero problema però, è che Byron Scott ora dovrà riuscire a donare una nuova linfa ed una nuova personalità al roster, redistribuendo responsabilità, minutaggi e tiri, in una rosa che è sempre vissuta all'ombra e con giocatori che sono rimasti sempre eclissati e che ora devono cominciare a brillare di luce propria e non di luce riflessa.
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