Pochi giorni all'inizio della nuova stagione NBA

venerdì 9 marzo 2012

La stagione altalenante dei Dallas Mavericks

Quando Dallas incontrò Miami nelle Finals dello scorso anno, non molti pensarono che un team come i Mavs potesse reggere l'onda d'urto di una squadra che aveva i larghi favori del pronostico. Ma poi con il passare delle sere crebbe la convinzione che per i Mavericks poteva essere l'occasione, quella che non devi sprecare.
E difatti il gruppo così ben amalgamato si è erto a vincitore, trascinato da un Nowitzki mai così vicino a ricordare quell'ala anch'essa biondina dei Celtics degli anni '80 che poteva da sola decidere una partita.

Lo stimolo di portare nel Texas l'agognato anello, riconoscimento mancato a molte carriere, è stato l'imput, l'adrenalina che ha spinto il rodato ed esperto gruppo a fare il passo più lungo della gamba e a dimostrare come il basket ordinato e giocato a livello di squadra può scalfire anche una corazzata che se non vince dichiara semplicemente fallimento.


A pochi mesi di distanza le cose si sono modificate, l'anima difensiva del team, tale Tyson Chandler è volato nella Grande Mela con il biglietto di sola andata, Barea ha abbandonato il vascello e d'altro canto un paio di innesti di qualità come su tutti Odom hanno più o meno mantenuto equilibrio per riportare l'equipaggio a solcare nuovamente i mari tempestosi.
Ma ovviamente quando una squadra è organizzata alla perfezione ha come contro, il fatto che i meccanismi devono essere oliati e quindi con i volti nuovi meno i volti persi, il tocco magico di Carlisle ne ha risentito e i Mavericks hanno perso il loro smacco. Ad aggiungersi al tutto c'è un anno in più sul groppone, la mancanza di un centro fisico ed intimidatore di un certo livello, fondamentale perché era il caposaldo dell'arma in più dei Mavs: la difesa.
In più magari la sensazione di non andare più in campo per mangiarsi il parquet ogni sera, sapendo che comunque un risultato che ambivi lo hai conquistato e ti senti più libero.


Nel corso della stagione però il senso di appagamento svanisce lasciando posto alla voglia di dimostrare ancora una volta che puoi scalare di nuovo la vetta più alta, e  si vuole riprovare, forte dal sapere che anche i nuovi arrivi di qualità piano piano si inseriscono e porteranno quel contributo che manca per saltare il gradino. Perché passa proprio di lì la stagione dei texani, ritrovare la perfetta alchimia essenzialmente inserendo nel sistema quelli che hanno dato meno. E chissà che Beaubois non possa essere il Barea di turno ed Odom ritornare a livelli che gli competono. Poi i playoff sono un'altra storia ed una volta arrivati, non si vive più del ricordo ma con la giusta presunzione di poter battagliare e sbaragliare tutti, non foss'altro che senza convinzione non si passa neanche un turno della post season.


E' questa la storia dei Mavs di quest'anno, una franchigia che fa dell'esperienza l'asso nella manica e nei meccanismi la mano vincente che serve in ogni partita per portare a casa l'incontro, perchè a differenza del Poker qui il bluff non esiste, se non metti in campo la combiazione vincente, perdi la partita.

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