Pochi giorni all'inizio della nuova stagione NBA

mercoledì 10 aprile 2013

Louisville campione NCAA 2013

"Oh my God", avrà sicuramente esclamato o almeno pensato tra sé e sé più di un giocatore di Michigan o di Louisville quando usciti dagli spogliatoi hanno messo i piedi sul parquet del Georgia Dome per giocarsi la finale NCAA di quest'anno. Dinanzi ad un pubblico record di quasi 75000 spettatori (primato per un championship game, tralasciando le previsioni di un 80000 per l'anno prossimo) la sensazione di scendere in campo per scrivere la storia, dalla teoria diventa pratica. Soprattutto per Louisville che, vincendo, oltre al suo terzo titolo all-time, avrebbe spedito di diritto nella leggenda quel Rick Pitino che già "festeggiava" la freschissima introduzione nella Hall of Fame del Basketball. 
E così è stato. L'allenatore che ama il gioco di sacrificio, che mette la squadra dinanzi al singolo, che insegna i dettami tattici e la tecnica difensiva, che vuole il pressing e allena i suoi ad una resistenza oltre il limite, ha avuto ancora una volta ragione. L'aver vinto questa finale lo fa divenire l'unico allenatore di sempre ad aver portato al trionfo due diversi college (l'altra vittoria fu con Kentucky nel 1996).

Ma oltre al personale riconoscimento alla straordinaria carriera del coach, la finale è stata per molti il trionfo del gioco di squadra, oltre che per oggettività, del gioco in generale espresso. Sono stati la capacità di giocare di squadra, di pressare in continuazione, di essere lucidi sempre, i punti cardine della vittoria dei Cardinals. E' giusto comunque sottolineare come dal contesto si riesca anche a far emergere il singolo nonostante sui taccuini dei talent scout NBA la dicitura "from Louisville" sembra essere poco gettonata. Sia per Louisville che per Michigan, le storie da raccontare sono molteplici ed in una partita come questa poi ogni giocatore avrà il suo ricordo e il suo racconto. Bisogna però sottolineare soprattutto un Hancock che in semifinale ti trascina la squadra infrangendo i sogni da Cenerentola di Wichita State per poi riproporsi in finale quando lui e le sue triple hanno tenuto a bada Michigan, si deve spendere almeno un pensiero su Albrecht, lo "sconosciuto" di Michigan, uno che non segnava neanche 2 punti di media a partita e si è ritrovato a fare il match della vita (prima di perdersi nel finale), si deve menzionare Dieng, il talentuoso lungo che senza "esporsi", ha fatto tutte quelle cose che servono per vincere, come rimbalzi, difesa, stoppate, cose che ai piani alti notano e annotano (poi si dovrà vedere se replicabili al livello più alto, ma questa è un'altra storia). Per non parlare di Burke, uno che la NBA la assaporerà di sicuro, e che non ha fatto mancare il suo nonostante poi sia arrivata la sconfitta. Ma senz'altro il primo fermo immagine cadrà a quel momento in cui hanno fatto scendere il canestro per permettere allo sfortunato Kevin Ware di tagliare la retina dei vincenti, gesto simbolico di come la vittoria sia dedicata a lui.

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