Pochi giorni all'inizio della nuova stagione NBA

venerdì 5 aprile 2013

La meritata Hall of Fame di Gary Payton

"The greatest player in the world". Con questa frase forse un pò troppo altisonante Charles Barkley nel 1999 riconosceva le capacità di Gary Payton, uno che ha dato tantissimo alla Lega. Verosimilmente l'Hall of Famer Goodrich lo definiva meglio quando parlava di lui come "probabilmente la guardia più completa che ci sia mai stata", ma entrambe le affermazioni rispecchiano perfettamente come The Glove fosse visto in campo, del rispetto dei giocatori verso di lui, del riconoscimento che la sua natura di sacrificio in campo arrivava ai tifosi. 


Quando era al college, in special modo durante l'anno da senior, le luci della ribalta lo avevano colpito in pieno volto. Tante aspettative su di lui e chiara sentenza di una scelta al draft altissima. La chiamata arrivò alla numero 2 secondo solo a Derrick Coleman che anche lui aveva fatto una grande stagione collegiale e a New Jersey era bastato ciò per soprassedere anche alla sua fama di "comportamento sopra le righe". Coleman farà la sua bella carriera ma nulla al confronto di quello che diventerà Payton per Seattle e per la NBA. Coi Sonics rimarrà 12 stagioni e mezzo facendo sognare la franchigia insieme a quel suo compagno storico, un certo Shawn Kemp. Il 2003 fu l'anno in cui lasciò "la sua città", stranamente in quel famoso anno dove tante cose successero, quell'anno che cambiò molto la NBA negli anni a venire. 

Famoso per il suo trash talking e per la sua asfissiante e "temuta" difesa ha dato dimostrazione anche di saper contribuire e non poco alla fase offensiva, creandosi con il tempo anche un buon gioco di post basso, sfruttando la sua forza fisica. Un pò come ha fatto poi Jason Kidd, uno che lo ha considerato suo "mentore" per certi versi, essendo cresciuti nello stesso quartiere. 
Kidd altro giocatore che avrà i riconoscimenti che merita una volta conclusasi la sua carriera, ma che per ora condivide con Payton l'essere stati scelti entrambi alla seconda chiamata (Payton è considerato dal 1985 ad oggi la più grande seconda chiamata della storia e subito dopo c'è Kidd), l'aver vinto il titolo non nella franchigia in cui hanno esibito il loro miglior basket, l'essere stati riconosciuti come grandi play difensori e da post basso, l'essere in grado di capire come pochi nella storia (per il ruolo in campo) le traiettorie di rimbalzo e prenderne tanti.

Le palle recuperate però erano più di ogni altra cosa il suo mestiere, effetto statistico complice di una difesa come detto da marchio di fabbrica. Capacità che gli ha dato lustro, tanto che lo si ricorda anche come uno dei pochi, se non l'unico, che riusciva a limitare il più grande di tutti tempi, quel Michael Jordan che nel 1996 quando se lo ritrovò contro dominò sempre in campo ma al suo "minimo storico" nei playoff. MJ non voleva farlo trasparire, men che meno dare soddisfazione a quel play che lo marcava, limitandosi a dare le colpe a se stesso quando sbagliava, ma la realtà dei fatti era che Gary riusciva a dargli filo da torcere. 
Ma quel guanto di sfida che poteva lanciare ad ogni suo diretto avversario con il pallone in mano, non è stato l'origine del suo soprannome, bensì il "merito" va al cugino che quando lo vide limitare Kevin Johnson (si proprio il sindaco attuale di Sacramento), disse al familiare: "Stai tenendo in mano Kevin Johnson come una palla da baseball in un guanto". Frase che diventerà storica. Ma per far comprendere quanto sia strana la vita, come le vie sembrino infinite, come le cose si intreccino in modo che sembra strano definirle casuali, si deve guardare all'oggi.
Quel Kevin Johnson che teneva come una palla nel guanto, ad oggi è lui a controllare il gioco. Difatti Gary ha sempre detto di non voler vedere la sua maglia ritirata dagli Oklahoma City Thunder ma solo dai suoi "veri" Seattle Supersonics (quelli con cui ha giocato 999 gare) quando questi rinasceranno dalle effigie di qualche altra franchigia e sappiamo tutti che la squadra designata sarebbero i Kings, proprio quelli che Johnson, giustamente, sta cercando alla stregua di far rimanere in quel di Sacramento...

Sfacciato e durevole lo hanno definito. Due parole che ben rimarcano il suo trash talking e le sue due strisce da più di 350 partite consecutive che ha inanellato settando record su record ai Supersonics. Parole che più che "sporche" Payton ha definito disturbatrici, perché per lui fuori dal campo esisteva il crearsi rapporti ed amicizia ma dentro al terreno di gioco, sul parquet, c'era solo il business e, tentare di deconcentrare l'avversario di turno con le parole, poteva essere un metodo per far vacillare la sua prestazione.

Di grandi premi ne ha ricevuti, l'essere 9 volte All Star, 9 volte nel primo team difensivo sono solo due pezzi da 90 del suo albo d'oro ma i riconoscimenti più grandi saranno stati altri due: l'essere l'unico play della storia ad essere nominato miglior difensore dell'anno (e aggiungeremmo l'ultimo giocatore sotto i due metri di altezza da quando lo vinse lui ad oggi) e poi il titolo arrivato salvifico quando ormai sembrava che il coronamento a quella carriera non arrivasse più.

Montato sul carro dei Lakers di Bryant e O'Neal e di un Karl Malone, come lui in fase discendente della carriera, ebbe la grande delusione di vedersi scappare il titolo da sotto le mani, agguantato da quei Pistons che sapevano giocare meglio di squadra. Ma se il destino ti riserva qualcosa, in qualche modo te lo fa avere e in quel di Miami nel 2006 si tolse il grande peso della sua carriera, partendo si da secondo play ma contribuendo sostanzialmente al titolo.
Ma da lunedì, con la sospetta unanimità dei votanti, avrà un terzo riconoscimento che scavalcherà tutti i premi ricevuti e guadagnati in carriera: l'introduzione nella Hall of Fame del basket, quel traguardo che spesso non si ha neanche il coraggio di sognare come a suo stesso dire "Non ho mai sognato questo. Non ho mai sognato delle cose che ho fatto nella NBA. Sono davvero onorato di essere un First-Ballot (persona eletta nella Hall of Fame al primo anno considerato eleggibile, ndr)". Un meritato riconoscimento.

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