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lunedì 10 settembre 2012

Costruire e vincere in contemporanea, la nuova scommessa dei Celtics

Durante la serie con Miami, l'ipotesi che potesse essere l'ultima volta degli original Big Three di Boston era quasi divenuta certezza con Garnett che pensava addirittura al ritiro e con la possibilità di ricostruire abbastanza velocemente con Ainge che aveva anche pensato di sacrificare qualcuno di importante per rivitalizzare la franchigia e darle nuovo lustro.

Giocatori giovani dal gran potenziale, prime scelte da alto primo giro, a Boston si pensava di smettere di cavalcare i veterani e pensare al cambio comunque prima o poi atteso. Ma alla fine il progetto si è evoluto diversamente. 
Garnett non si è ritirato anzi, si farà altri tre anni, la bandiera Pierce non si muoverà di certo dal suo posto, ma la rottura del trietto iniziale che riportò ai grandi fasti la città del Massachusetts è arrivata lo stesso.

Saranno stati i dissidi tecnico-tattici e forse anche interpersonali con Rondo, saranno state le incomprensioni sulle scelte di Doc come le mancate partenze da titolare per esempio, sarà stata la somma dei due fattori, fatto sta che ad abbandonare la barca è stato Ray Allen, rifiutando il rinnovo a favore di una nuova, diversa occasione per il titolo, quella griffata Miami Heat. 

Ma se c'è una qualità che hanno questi Celtics è quella di essere forti mentalmente e di uscire come un gruppo compatto anche da una sconfitta come questa perdita importante. Difatti a sostituirlo è arrivato Jason Terry, un signor giocatore che accetterà senza problemi il ruolo di sesto uomo (e chi meglio di lui) a favore dell'emergente e tatticamente utile Avery Bradley, e che non disdegnerà di sicuro il molto possesso disegnato a favore della point guard classe '86 originaria di Lousville col progetto di divenire il miglior play della storia Celtics.

La squadra complessivamente non si è indebolita considerando poi anche il ritorno di Jeff Green in rotazione e con inaspettata "fortuna" è riuscita anche a rinforzare quell'idea di ringiovanimento che si voleva operare. Infatti dal draft sono arrivati il talento di Jared Sullinger quasi pronto all'uso, l'acerbo ma potenzialmente di gran livello Fab Melo ed il sottovalutato Kris Joseph.

Con il senno di lottare per i piani alti e costruire il futuro nello stesso contempo, i Celtics sembrano aver trovato una formula magica per non soffrire di un calo poderoso come già successo in passato. Ma proprio perché molto è aleatorio nella crescita dei giocatori, sarà sempre il campo a decretare se questo mix sarà capace di sfornare questa inattesa combinazione di fattori o quella ricostruzione dovrà essere infine operata.  

Ma se da una parte la profondità del roster è il primo vantaggio di un team che gioca di squadra, la mancanza di un vero centro di spessore è la limitazione più forte, che si è fatta sentire non poco l'anno passato, considerando che contro gli Heat aver avuto un centro di valore poteva dargli almeno qualche chance in più.

Sarà Garnett spesso a giocare sotto canestro da primo lungo, con Green ad alternarsi da ala piccola ad ala forte tattica e Bass, Sullinger e Wilcox a girare nei due ruoli interni, in attesa magari di una crescita di Melo. Difficile che arrivi quest'anno questa crescita, forse ci vorranno più anni e questo implica una vera astinenza da centro puro. Di certo il pacchetto lunghi non è malaccio ma la lacuna di centimetri e peso di un vero centro stazionatore si potranno far sentire nuovamente.

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